Case color pastello addossate l’un l’altra in rincorsa verticale tra la collina e il mare, impastate di sale. Gozzi da pesca tirati su tra la spiaggia e le piazzette dove, nei bar, si chiede rigorosamente un pezzo di focaccia. Macchia mediterranea che impazza, vigne che si tuffano nel blu in un paesaggio che lascia senza fiato. È indubbiamente il paesaggio ligure del film Pixar Luca, un omaggio del regista Enrico Casarosa alla sua terra con l’immaginario borgo di Portorosso, ma anche un susseguirsi di suggestioni che profumano di mare e liguritudine, e ricordano molto sia il borgo genovese di Boccadasse (già letterariamente famoso perché “casa” di Livia, la fidanzata del commissario Montalbano camilleriano, nonché luogo simbolo della scuola cantautorale genovese) sia i piccoli paesini che compongono le Cinque Terre.
«Vernazza è proprio un bel paese, fatto come lo disegnerebbero i bambini. Casette colorate, una spiaggia per giocare e una bella chiesa con il suo campanile che con i suoi rintocchi fa volare via tutti i gabbiani che aspettano le barche dei pescatori sulla riva».
Cinque perle incastonate sul blu del mare
Cinque perle incastonate nel levante ligure. Da ovest, come in una filastrocca: Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore. Borghi che sono lì, affacciati su una costa affascinante, in bilico sul mare con il quale sono tutt’uno, pur mantenendo un saldo legame con la collina, la campagna, il mondo vegetale. Paesi spericolatamente sporti con le loro vigne verticali su un Mar Ligure zeppo di acciughe, sirene e leggende marinare che anche in Luca trovano il loro spazio per farsi raccontare, tra tuffi e mostri con le branchie.
Lo sapevano bene i tanti artisti, letterati, ma anche registi e pittori che alle Cinque Terre hanno lasciato un pezzettino di cuore, e di sé, e di cui racconta Marco Ferrari nel volume della collana Contromano Laterza Il mare verticale. Dalle Cinque Terre a Bocca di Magra, un viaggio tra Monterosso al Mare e tutto il Levante ligure fino al suo confine con la Toscana. All’immaginario delle Cinque Terre si è ispirato di recente anche Dario Vergassola nella sua raccolta di racconti per bambini – ma nemmeno troppo – Storie vere di un mondo immaginario (Baldini + Castoldi), dove con fantasia e un pizzico di cinismo racconta la bellezza di luoghi unici visti dagli occhi di un ragazzo diventato polpo, di un totano innamorato di un limone, di una sirena speciale, di un girino e persino di acciughe ormai passate a miglior vita su un piatto da portata, ma ancora capaci di raccontare la loro versione dei fatti, e puntare il dito (o la pinna) contro l’uomo.
«Una leggenda dice che quando una triglia perde il proprio compagno, inizia a piangere fino a morirne, si dice anche che il mare a Manarola prima non c’era e intorno erano tutti vigneti. Il mare è arrivato perché tutto il pianto delle triglie lasciate per disamore ha fatto sì che il livello si alzasse fino ad arrivare dov’è adesso».
Da Montale al Golfo dei poeti
Come illustra con abbondanza di dettagli Marco Ferrari nel suo immaginario dialogo con l’americano Jack, personaggio che racchiude in sé le decine di migliaia di turisti americani che ogni anno affollano le Cinque Terre, questi piccoli splendidi borghi fragili sono stati il buen retiro intellettuale italiano per tanti artisti e poeti. Alighiero Boetti, Michelangelo Pistoletto, e poi pittori, registi, musicisti. E poeti. Sarebbe impossibile parlare di Monterosso al Mare senza citare Eugenio Montale, premio Nobel ligure nel 1975 che a Monterosso passò per vent’anni le vacanze.
Villa Montale, conosciuta come “la pagoda giallognola”, sul litorale della zona detta Fegina, oggi è una residenza privata, inglobata in una speculazione narrata da Ferrari ricordando le parole di un’altra Liguria mangiata dal cemento, quella di Italo Calvino, a Ponente. Le suggestioni poetiche di Montale sono tuttavia ancora ricchissime di colori, profumi e sensazioni che di questa terra esprimono l’essenza, dal Meriggiare pallido e assorto ai limoni, uno dei simboli delle Cinque terre, nonché titolo di una celebre poesia di Montale. In particolare Ossi di seppia contiene molti riferimenti a Monterosso, tra cui La casa dei doganieri e Punta del Mesco, vicino alla quale sorge la villa.
A Eugenio Montale è stato non a caso dedicato il Parco Letterario che partendo da Monterosso propone escursioni tra i sentieri che lo stesso poeta amava seguire, rigorosamente vestito di scuro e mai in divisa estiva, come svela Ferrari. Allargando lo sguardo e immergendosi nei meravigliosi panorami tutt’intorno, sarà facile capire come mai tanti poeti scelsero le Cinque Terre e il territorio limitrofo, adagiato sul golfo del levante ligure noto, non a caso, come Golfo dei poeti. Tanti furono i poeti e artisti approdati a questi luoghi, tra loro Lord Byron, Mary Shelley, Charles Dickens, Henry James, Virginia Woolf e David H. Lawrence. Luogo perfetto per gli artisti, il golfo accolse anche William Turner e Antonio Fontanesi, Richard Wagner, e tra gli italiani Mario Soldati, Pier Paolo Pasolini, Indro Montanelli, Giovanni Giudici (nato alle Grazie, frazione di Porto Venere nota per l’Associazione Nazionale Palombari e Sommozzatori).
Un parco letterario e uno naturale
La natura delle Cinque Terre, tra collina e mare, non è solo l’ambientazione ideale dei racconti di Vergassola, divisi tra campagna e acqua salata, ma si rispecchia nella reale esistenza del Parco Nazionale, 3.868 ettari su cinque borghi, con chilometri di muretti a secco costruiti dall’uomo per coltivare, e dell’Area Marina Protetta delle Cinque Terre che comprende i comuni di Riomaggiore, Vernazza, Monterosso e per una piccola porzione Levanto.
Dal 1997 infatti non solo le Cinque Terre, ma le attigue isole di Palmaria, Tino e Tinetto e Porto Venere, da cui sono visibili, rientrano nel Patrimonio Unesco. È facile intuire la motivazione se si ripensa all’interazione costante tra uomo e natura che ha plasmato questo territorio dando vita al suo straordinario paesaggio, testimone di una “vita tradizionale che esiste da più di mille anni e continua a svolgere un ruolo socio‐economico importante nella vita della comunità”.
Tra i sentieri del parco si possono fare splendide passeggiate a picco sul mare immersi nei profumi mediterranei, con percorsi più o meno semplici e adatti a ogni tipo di lettore o camminatore. Poco distante, una delle chicche da scoprire e da cui farsi sorprendere fino al capogiro nel Parco delle Cinque Terre è la lunghissima scalinata (più di mille gradini) che sfidando la collina verticale passa tra boschi e vigneti e, a picco sul mare, arriva fino al borgo di Monesteroli, raggiungibile solo così, o in barca. Sorprendente ed emozionante, come la tradizione del presepe luminoso di Manarola che ogni anno nel periodo di Natale illumina di magia l’intera collina con le silhouette delle figure sacre. Sono centinaia e sono state ideate nel 1976 da Mario Andreoli: la loro magia si riaccende ogni 8 dicembre.
Tradizioni tramandate nel tempo, quelle delle Cinque Terre. Usanze e suggestioni che sanno di mare e di terra: di pesce spesso povero, come testimoniano le acciughe che ricorrono nei racconti di Ferrari e sono protagoniste semplici ma assai lungimiranti in Vergassola (come già, del resto, erano state narratrici di storie di confini e strade tra mare e terra in Nico Orengo), ma anche di vini pregiati perché frutto di un lavoro esclusivamente artigianale, come il DOC Cinque Terre Sciacchetrà, un vino dolce e liquoroso che descrive la natura di questi luoghi.
Una fragilità tutta ligure
Sia Il mare verticale sia Storie vere di un mondo immaginario non raccontano solo le bellezze delle Cinque Terre e l’incanto capace di alimentare le visioni degli artisti o l’immaginazione che dà vita alle favole, ma ne denunciano anche fragilità e pericoli. Territorio per sua natura delicato, sottratto dal lavoro umano alla verticalità estrema con l’installazione di sistemi di coltivazione a fasce dotate dei muretti a secco, e caratterizzato dai tipici abitati che oggi richiamano un aspetto “da cartolina”, le Cinque Terre sono invase ogni anno da un’orda di turisti che, letteralmente, inonda i paesi.
I turisti, in larga parte stranieri, si riversano giù dalle stazioni dei treni, unici mezzi con i quali è possibile raggiungere le Cinque Terre (tutto è duro, da queste parti, ricorda bene Vergassola), compromettendo un delicato equilibrio naturale che sempre più in questi fazzoletti di terra scenografici è minacciato. Parte proprio da questa constatazione Il mare verticale, mentre a una più generale riflessione sulla tutela dell’ambiente, specialmente quello marino, suoi abitanti inclusi, guardano le favole di Dario Vergassola che rivelano, nel loro occhiolino d’intesa alla realtà preoccupante della sostenibilità, un intento educativo, o se non altro un chiaro allarme. L’uomo, sembrano suggerire i personaggi tra il reale e il fantastico di queste favole, è sempre in agguato, e se la sua azione spesso non è visibile, nelle Cinque Terre, che sembrano stare in bilico tra mare e collina verticale, appare invece in tutta la sua pericolosità. Una pericolosità che è innanzitutto aggressione alla bellezza semplice ma unica di questi luoghi, il cui profilo è ormai così iconico da finire in un film Pixar come Luca, ma la cui natura resta quella, semplice e naturale, dei limoni di Montale.
«Non so se Dio abbia inventato questo posto, ma a giudicare dalla sua bellezza potrebbe essere anche il contrario. Piano piano torna la calma, gli occhi riescono a mettere tutto a fuoco e vedi a sinistra tutta la costa delle Cinque Terre, a destra la maestosità di Punta Mesco e al centro Monterosso che accoglie le onde del suo mare».
[Citazioni tratte da Storie vere di un mondo immaginario, Dario Vergassola, Baldini + Castoldi, 2021]