Indirizzo: viale XX Settembre 45, Trieste
Sito: ilrossetti.it
Ideato da un gruppo di imprenditori locali, il progetto fu affidato all’architetto Nicolò Bruno che lo concepì in stile eclettico. La posizione è molto particolare: posto in pendenza sulla collina, è caratterizzato da una ripida scala, che collega via XX settembre e via Crispi, di fronte alla facciata principale.
Fu inaugurato il 27 aprile 1878 con l’esecuzione di un inno composto per l’occasione e la rappresentazione dell’opera verdiana “Un ballo in maschera”. Fino agli anni Trenta del Novecento, fu caratterizzato da una grande varietà di spettacoli (“politeama”, appunto), non solo teatro di prosa, ma anche concerti sinfonici, opere, operette, spettacoli circensi, le prime proiezioni cinematografiche (dal 1898), spettacoli sportivi di boxe e lotta greco-romana, convegni politici, conferenze letterarie e balli in maschera (durante i quali la platea veniva trasformata in pista da ballo).
Di qui sono passati anche alcuni tra i grandi nomi della musica classica: Richard Strauss (nel 1903 e 1905), Pietro Mascagni (nel 1908), Arturo Toscanini (nel 1920), Maria Callas (nel 1948 per la “La forza del destino”), Artur Rubinstein (nel 1970).
Il teatro fu dedicato a Domenico Rossetti de Scander, nato a Trieste nel 1774, intellettuale e personalità di spicco della società triestina ottocentesca. Collezionista di libri antichi e manoscritti, alla sua morte donò alla città la sua biblioteca di opere del Petrarca e di Enea Silvio Piccolomini che costituiscono oggi il nucleo del Museo Petrarchesco Piccolomineo.
Chiuse nel 1956 ma riaprì nel 1969 sotto la gestione del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia.
James Joyce
Joyce frequentava spesso il teatro Rossetti, come una targa apposta oggi sull’edificio ricorda.
Assistette ad una rappresentazione di Madama Butterfly il 16 ottobre 1909, interpretata da Ersilde Cervi Caroli nei panni di Cio-Cio-San e diretta da Giacomo Armani. Scriverà dello spettacolo: “La protagonista ha superato ogni aspettativa, essa è stata infantile, appassionata e tragica, ha trovato accenti di profonda commozione, ha profuso la sua bella voce con una instancabilità che non avremmo sospettato in una figurina così delicata come la sua”.
Italo Svevo
Svevo frequentava spesso il teatro accompagnato dalla moglie Livia Veneziani che ne parla nella biografia Vita di mio marito. Tra le prime esperienze teatrali del giovane Svevo al Politeama Rossetti, che lo influenzarono per l’incompiuta commedia Ariosto governatore, ci furono Sofocle di Paolo Giacometti, interpretato nel 1897 da Tommaso Salvini, Lucrezia Borgia di Victor Hugo con Adelaide Ristori e Amleto rappresentato nel 1882 da Ernesto Rossi che colpisce Svevo al punto da prendere in considerazione la carriera di attore, ma venne scartato da Tommaso Salvini per la pronuncia difettosa della “r”.
Lo scrittore fu inoltre presente ad un evento memorabile: la messa in scena integrale della tetralogia in lingua originale di L’anello del Nibelungo, dal 18 al 21 maggio 1883 (p.68) diretta dall’ungherese Anton Seidl. Lo spettacolo viene menzionato in un passo di Senilità, nel capitolo IX, quando Amalia si reca a teatro col fratello.
Filippo Tommaso Marinetti e Aldo Palazzeschi Il 12 gennaio 1910 al Politeama Rossetti di Trieste si tenne la prima delle Serate futuriste. Era stato pubblicato l’anno precedente il primo Manifesto del Futurismo sul giornale francese “Figaro”, il 20 febbraio 1909, e Marinetti con gli altri aderenti al suo programma, iniziava la sua campagna culturale e politica. L’intento è quello di rinnovare in modo brutale e irruento tutto ciò che era tradizione e passatismo, e come scrive Marinetti stesso nel manifesto edito nel 1915 a Milano dal titolo Guerra sola igiene del mondo, la prima Serata futurista ha luogo proprio a Trieste per “risvegliare l’antitriplicismo e l’irredentismo”. Il Piccolo del 13 gennaio scrive a proposito della serata: “Il Futurismo ha agitato la curiosità del pubblico e il pubblico, scoccata appena l’ora, non nasconde la sua impazienza di vedere i futuristi. […] Sono tre: Marinetti, che il pubblico riconosce perché era già stato a Trieste nel 1908, ospite dell’Università Popolare, e saluta con un applauso, Aldo Palazzeschi e Armando Mazza”. Quella sera Mazza declama il manifesto del movimento mentre Palazzeschi legge la sua poesia La regola del sole.