Storie di mare in Versilia
Le onde del mare lasciano sorprese sulla battigia: conchiglie, ossi di seppia, legni lavorati in bizzarre fatture, ma anche altro, che di naturale ha poco e conserva invece un marchio umano nella plastica, nella lavorazione, nell’assurdità del luogo in cui viene ritrovato: la spiaggia.
Sulla spiaggia lunga e sabbiosa della Versilia e di Forte dei Marmi ama passeggiare Luna, la protagonista di Chi manda le onde, romanzo di Fabio Genovesi vincitore del Premio Strega Giovani 2015. Luna è una ragazzina albina, con la pelle delicatissima e la vista labile, che per arrivare sulla riva e passeggiare, e mettere i piedi in acqua, ha bisogno di proteggersi con ampie felpe con il cappuccio e crema solare. Eppure, il mare è ugualmente il suo luogo preferito: la fa sentire a casa, le invia oggetti, segnali segreti e forse talvolta anche storie, a cui lei, che è piccola e ingenua, crede con speranza e tanto ottimismo.
La sua storia, per esempio, e tutte le evoluzioni e alti e bassi che avverranno, partono proprio dal mare, e dalle onde. Intorno a questo movimento sono coinvolti il fratellone, Luca, la mamma single Serena, e una serie di personaggi come Sandro, 40enne fallito, e Ferro, bagnino in pensione che tra grappa, fucili pronti a difesa di casa propria – la casa dei fantasmi, così è conosciuta a Forte dei Marmi – e un gergo inconfondibile, si fa portavoce del territorio in cui questa storia è ambientata.
Salsedine di un litorale fuori stagione
La Toscana della Versilia è nell’immaginario comune terra di spiagge, filari di cabine che odorano di salsedine e vernice, lettini, ombrelloni e turisti, gli stessi russi che Ferro teme possano portargli via la casa, distruggerla per edificare palazzine turistiche.
Ma cosa resta di tutta quella vita estiva a Forte dei Marmi quando arriva l’autunno? Lo scopriamo in questo romanzo, tra le cui pagine viviamo una Forte dei Marmi fuori stagione, la spiaggia libera dagli orpelli degli stabilimenti, il rumore delle onde e l’odore di salsedine che scorre tra le vie deserte.
Sembra di toccarla, quella sensazione di fine stagione: il tempo in cui il mare è ancora bello, calmo, il settembre in cui si esce da scuola e ancora si può sperare in un pomeriggio di sole e, per Luna e il suo compagno di classe Zot, un bimbo russo arrivato da Chernobyl e buffo perché vestito e parlante come un “vecchio”, in una passeggiata sulla battigia in cerca dei regali del mare. Senza mare, del resto, questa storia non esisterebbe: è da lì che parte tutto, è lì che accadono le cose, ed è infine lì che, in un assurdo bagno notturno poco prima dell’alba, le esistenze in gioco tornano a patti l’un l’altra, ridisegnando un equilibrio.
In questi giorni il mare era arrabbiatissimo, tutto nero e pastoso, e urlava così forte che la notte lo sentivo da camera mia. Come mai era così nervoso non lo so, il mare è grande e magari si è agitato per qualcosa che è successo dall’altra parte dell’orizzonte, in Corsica o in Spagna o anche più in là. Però stamani è tutto finito, si è calmato e scintilla sotto al sole con tanti quadratini luccicanti che li guardo da dietro gli occhiali scuri eppure mi fanno girare la testa lo stesso.
Luni: terra di antiche civiltà
Una buona occasione per spostarsi da Forte dei Marmi è offerta a Luna e a Zot dalla gita scolastica. Direzione: Luni, un paesino che occhieggia verso la Toscana ma amministrativamente è ancora in Liguria, all’estremità della provincia di La Spezia. Luni è famosa per gli scavi archeologici che hanno portato in superficie l’antica città romana di Luna, importante snodo portuale dell’epoca e oggi sito culturale. [per approfondire sugli scavi di Luni]
È lì che è condotta in gita la classe dei due ragazzi. Non è un caso se Luni ricorda Luna, la protagonista, o forse è proprio un caso, capace però di accendere nuove storie, di dare respiro a nuove avventure che, sulla suggestione a cui la ragazzina è particolarmente sensibile, attiveranno vicende narrative per cui il lettore svilupperà un’irrefrenabile curiosità fino alla fine del libro.
Luni ha in effetti un legame con la Luna, che anticamente era vista come divinità, non tanto dai romani quanto da una civiltà più antica che popolava questi luoghi allora paludosi e insalubri, risanati solo più tardi. In questo contesto, la Luna protagonista non potrebbe sentirsi più coinvolta, individuando proprio nella civiltà etrusca, nei suoi rituali e nelle sue suppellettili, rimaste sotto terra con le loro misteriose iscrizioni, un segnale da interpretare, qualcosa da scoprire.
Una gita a Pontremoli, Lunigiana
Luni fa del resto parte di quel territorio noto come Lunigiana, che sorge tra Emilia, Liguria e Toscana nel cuore di un intreccio di culture antiche tra il fiume Magra e le Alpi Apuane.
In Lunigiana si trova anche Pontremoli, luogo noto come “il paese dei librai” dove ha sede il famoso Premio Bancarella, e poco meno conosciuto, invece, per il suo interessante Museo delle Statue Stele. È lì che sono diretti Luna, Zot, Serena, Sandro e Ferro dopo aver scoperto che alla civiltà di Luni sono collegate antiche e misteriose statue realizzate in forma di stele e con strane incisioni a caratteri etruschi. Bizzarri oggetti, veicolo di storie che si perdono nel tempo e che, nel romanzo di Genovesi, servono a solleticare immaginari e dare nuovi impulsi alla narrazione. Al museo, meta ambita, i protagonisti alla fine non riusciranno ad andare, ma se volete approfondire il tema delle Statue Stele, trovate utili informazioni qui.
Da dove arrivano le storie
È un universo circoscritto, quello di questo romanzo di Genovesi: Versilia, Lunigiana, l’evasione a Pontremoli. Un territorio che racchiude un cuore pulsante e una storia come questa, capace di emozionare ben oltre i confini geografici.
Se le emozioni sono universali, è però certo che, fuori da questo contesto, la storia di Genovesi non sarebbe la stessa: non ci sarebbero i luoghi, così determinanti nello sviluppo delle azioni, non ci sarebbero la costa delle discoteche e della movida che ogni tanto serpeggia in ricordi e storie parallele alla principale, e nemmeno i pini, il loro profumo mescolato a quello del mare. Non ci sarebbe il litorale sabbioso, il deserto invernale che vivono le località turistiche di mare e non ci sarebbe la verve dei personaggi, il loro porsi, la loro parlata, che sembra risuonare dello stesso accento lieve eppure forte di Genovesi. A Forte dei Marmi l’autore infatti vive, ed è lì che ha deciso di ambientare anche i suoi altri libri: un microuniverso dove proliferano le storie. Se volete approfondire il carattere particolare e il profilo della Versilia, esiste un interessante Contromano Laterza di Genovesi intitolato Morte dei marmi, mentre tra i romanzi ambientati negli stessi luoghi si possono leggere i precedenti Versilia Rock City, Esche vive, Tutti primi sul traguardo del mio cuore e il nuovo Il mare dove non si tocca, che simbolicamente ritorna tra quelle stesse onde così ricche di storie e personaggi.
E cosa c’è dietro di noi non lo vediamo, ma qualcosa c’è. Tutto il mare gigantesco e la sua acqua che non dorme mai, e le onde che arrivano da sempre e per sempre una dopo l’altra, toccano la riva e sembra che finiscono lì, ma invece non finiscono. Solo tornano indietro per farne salire altre e altre e altre, con una spinta che non lo so da dove viene ma c’è, sta là in fondo e ci manda su e giù, su e giù, in questo abbraccio caldo che non serve voltarsi per sentirlo, ci sta tutto intorno, mentre teniamo gli occhi là davanti verso quello che ci porta la corrente, verso un giorno nuovo che sembra un enorme regalo impacchettato di arancione, ancora tutto da scoprire.