Uscito in occasione dei 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni, In viaggio con Manzoni. I luoghi della sua vita e dei Promessi sposi di Gianluca Barbera (Rizzoli, 2023) è un’interessante pubblicazione a metà tra un saggio e guida letteraria, che rintraccia i luoghi legati alla vita dello scrittore e alla sua opera più celebre, I promessi sposi.
Si apre con un sunto della biografia di Manzoni dando ovviamente ampio risalto ai luoghi che sono accuratamente evidenziati in grassetto così da favorire a colpo d’occhio la costruzione di una “geografia dell’anima” dello scrittore.
E così le ville e i palazzi dismettono le vesti di austeri edifici o ingessate “case-museo” e si popolano finalmente di personaggi vivi: vediamo Alessandro alle prese con la passione per l’agronomia nel giardino della villa di Brusuglio, vediamo la tanto amata moglie Enrichetta, alle prese con una nidiata di figli nella casa di via Morone, vediamo i tanti intellettuali che incrociano la strada di Manzoni nei salotti milanesi e fiorentini, fino alla madre Giulia nelle varie dimore parigine, una donna critica e severa ma anche volitiva e brillante, che fu costretta a sposare il tetro Pietro Manzoni, ma che ebbe il suo unico figlio dall’amante Giovanni Verri, per poi ribellarsi ai gioghi coniugali e trasferirsi a Parigi con l’uomo che davvero amava, Carlo Imbonati.
I luoghi offrono anche l’occasione per mettere in risalto alcuni aspetti del carattere di Manzoni ma anche tratti del temperamento meno noti, come la balbuzie e le frequenti nevrosi che lo costringevano a cercare sempre compagnia durante i suoi spostamenti, e una certa propensione alla sedentarietà, soprattutto dopo la morte della prima moglie Enrichetta, nonostante abbia amato i viaggi a Parigi e avesse preso in considerazione di trasferircisi in via definitiva. A questo proposito, tra i luoghi parigini più cari a Manzoni c’è la chiesa di San Rocco in rue Saint-Honoré, sfondo dell’episodio miliare della sua biografia che lo riavvicinò assieme alla moglie alla fede cristiana.
La sua notoria pacatezza e l’esigenza di riservatezza ben si sposano invece con la casa di via Morone, oggi museo, acquistata nel 1813 dove visse gran parte della sua vita fino alla morte nel 1873. Si trova nel centro di Milano, a poca distanza dalle residenze di amici e intellettuali e dai centri della vita sociale e culturale cittadina (il Teatro alla Scala, l’allora Galleria de Cristoforis, le biblioteche Braidense e Ambrosiana); quel palazzo color terracotta gli offriva un’oasi urbana di concentrazione e pace grazie allo studio al piano terra affacciato sul giardino (entrambi visitabili, al giardino si accede dalle Gallerie d’Italia).
Ma i luoghi menzionati sono tanti e di ciascuno viene ricostruito il legame con lo scrittore: dalla villa di Brusuglio, ereditata dal compagno della madre Carlo Imbonati, ai collegi lombardi in cui trascorse infanzia e adolescenza, dalla villa Stampa sul lago Maggiore, proprietà della seconda moglie, fino al soggiorno a Firenze nel 1827, fondamentale per la “risciacquatura in Arno” dei Promessi sposi, durante il quale incontrò tra gli altri Giacomo Leopardi e fu ricevuto dal Granduca Leopoldo II in persona.
Gli sfondi del romanzo
Si passa poi alla seconda parte, incentrata sui luoghi reali o immaginari dei Promessi sposi. Anche qui emerge l’importanza del portato biografico manzoniano, specialmente quello relativo agli anni dell’infanzia e dell’adolescenza trascorsi nei dintorni di Lecco.
Dall’indimenticabile descrizione di “Quel ramo del lago di Como” al villaggio di pescatori di Pescarenico, fino ai numerosi luoghi (la casa di Lucia, la parrocchia di Don Abbondio) che sono stati identificati nei borghi di Olate e Acquate, alcuni frutto dell’immaginazione di Manzoni, altri molto tangibili, come il tabernacolo dove i bravi attendono il parroco all’inizio del romanzo, identificato con la cappella di via Croce ad Acquate (oggi c’è una targa commemorativa).
Scanditi da brani tratti dal romanzo, i luoghi dei Promessi sposi sfilano dunque lungo la soglia tra realtà e fantasia, così come i molti personaggi menzionati: dalle sponde del lago di Como si arriva prima a Monza, dove si trova il convento della celebre monaca, e si prosegue poi nella Milano della pestilenza, grande scenografia del romanzo. Indimenticabile la descrizione del Duomo di Milano che appare agli occhi di Renzo:
Renzo, salito per un di que’ valichi sul terreno più elevato, vide quella gran macchina del duomo sola sul piano, come se, non di mezzo a una città, ma sorgesse in un deserto; e si fermò su due piedi, dimenticando tutti i suoi guai, a contemplare anche da lontano quell’ottava maraviglia, di cui aveva tanto sentito parlare fin da bambino.
Tra i luoghi evocati da Manzoni, tanti non esistono più (anche se numerose targhe commemorative li preservano dall’oblio), altri sono ancora punti di riferimento della città: piazza Duomo, le vicine piazze dei Mercanti e Cordusio, la basilica di San Lorenzo, la Porta Orientale (oggi Porta Venezia), e la chiesa di San Carlo al Lazzaretto, al centro di una vasta area che un tempo era ricovero per appestati.
Oltre alle ambientazioni, vengono ricostruiti anche eventi segnanti per la storia della città, come la famosa processione di San Carlo del giugno 1630, celebrata per scongiurare l’epidemia, con le reliquie del santo esposte alla folla, e l’ingiusta, folle condanna dei due presunti untori, Gian Giacomo Mora e Giuseppe Piazza, che furono accusati di essere colpevoli del contagio e giustiziati efferatamente nell’allora piazza Vetra (dove oggi un memoriale ricorda la colonna infame che fu eretta sul luogo del fatto).
Per chiudere, si torna lungo il fiume Adda, seguendo il percorso di Renzo, fino al Bergamasco e al castello dell’Innominato, per descrivere il quale Manzoni si ispirò alla rocca di Somasca.
L’edizione
È da elogiare un testo preciso, puntuale nei riferimenti e scorrevole nella lettura, aspetto quest’ultimo non scontato per questo genere di pubblicazioni dove, come sappiamo, spesso gli autori scivolano facilmente nella pedanteria e in una sterile erudizione volta solo a nutrire il proprio ego.
Dell’edizione cartacea si apprezza in modo particolare l’impaginazione, minimale e accattivante, dietro la quale si avverte un’attenta cura, corredata di illustrazioni a tutta pagina e due mappe all’inizio di ciascuna sezione per collocare a colpo d’occhio i luoghi menzionati.