Ogni notte sui muri di Trieste si accendono cinque scritte fluorescenti che generano un vago effetto di spaesamento e sembrano trasportarci in un’altra città:
Doublin – Night Town – Montgomery Street – James Joyce – Ulysses
Sono le luci d’artista del progetto Doublin’ promosso dall’associazione triestina CizeroUno e installate nelle vie del quartiere storico di Cavana. I cinque neon, inaugurati per il Bloomsday 2019 (eccetto “Montgomery Street”, del 2021), sono un tributo a James Joyce e gettano un ponte tra le città di Trieste e Dublino. Non è un caso che il progetto si chiami “Doublin’”, una fusione tra “Dublin” e “Double”, “raddoppiare”, per evocare l’idea di due città che si sovrappongono. Anzi, più che due città, due quartieri in particolare: quello di Cavana a Trieste e il Monto a Dublino, che si amalgamano e insieme ispirano le atmosfere dell’episodio Circe dell’Ulysses di Joyce.
Il legame di Trieste con James Joyce è ben noto. Lo scrittore visse qui 11 anni, pur con alcune interruzioni. Ci arrivò per caso nel 1904, dopo essere stato rifiutato come insegnante di inglese dalla scuola Berlitz di Zurigo. Gli anni triestini non furono facili: visse costantemente in ristrettezze, data la precarietà del suo lavoro come insegnante, e dovette ricorrere spesso a prestiti e aiuti. Tuttavia furono anni molto prolifici: qui scrisse Il ritratto dell’artista da giovane e la sua unica opera teatrale Esuli, concluse i racconti di Gente di Dublino e iniziò la stesura dell’Ulysses. Dunque Joyce si formò come scrittore a Trieste, quella che chiamò “la sua seconda patria”.
I «postriboli di pubblica insicurezza»
All’inizio del Novecento Trieste faceva parte dell’impero austro-ungarico: le influenze viennesi sono ancora rintracciabili nello stile architettonico di molti edifici e nei numerosi caffè storici. Maggior porto dell’impero e confine tra Europa Centrale e Balcani, Trieste era una città cosmopolita, frequentata da intellettuali e artisti, e come tutte le città movimentate aveva i suoi quartieri poco raccomandabili. Tra questi, il dedalo di stradine che confluiscono nella via di Cavana, oggi cuore della movida notturna. Era l’antica zona dei bordelli e delle risse tra marinai, delle osterie fumose e di vicoli stretti e bui. Dove oggi vediamo le facciate a tinte vivaci fino a un secolo fa c’erano decine di case di tolleranza, regolarmente registrate, in cui in ogni momento operavano circa 250-300 prostitute. Alcune di queste si concentravano nelle odierne vie di Crosada, dei Capitelli, del Fico, della Pescheria e androna Sporcavilla. Strade che, come riportano testimonianze dell’epoca, erano insalubri, luride e maleodoranti, bordate di edifici decrepiti e muri marciti.
Qui è tutto cambiato. Cavana una volta era un rione malfamato, da evitare, dove si ritrovava tutto il fango di questa città che una volta era l’ombelico del mondo e oggi invece… Beh, bando alle malinconie, oggi è pieno di turisti allegri e ciarlieri.
I fantasmi di Trieste, Dušan Jelinčič
Fra queste stamberghe affollate ce n’era in particolare una nota per le sue modestissime dimensioni, Il Metro Cubo. Si trovava in via della Pescheria 7 (sull’edificio si trova una targa commemorativa) e Joyce la vedeva dalla finestra dell’appartamento in cui abitò in via della Sanità 2 (oggi via Diaz 2) nel periodo da ottobre 1919 a luglio 1920. È probabilmente quella a cui si riferisce in una lettera del 1921 scritta a Italo Svevo da Parigi, quando gli chiese di andare a recuperare i suoi manoscritti nella vecchia casa «prospettante i postriboli di pubblica insicurezza». E si presume che Joyce li conoscesse bene. Specialmente durante i primi anni triestini condusse una vita dissoluta che lo trascinava spesso tra i vicoli di Cavana.
La Night Town di Dublino
Questo ci rimanda a Dublino. Joyce infatti non era certo un frequentatore novizio di bordelli, anzi doveva conoscere bene anche quello che agli inizi del Novecento era il quartiere a luci rosse più grande d’Europa: si trovava a Dublino ed era chiamato “Monto”, abbreviazione di Montgomery Street (l’odierna Foley Street), una delle vie che ne costituiva il cuore. L’area si trovava tra le odierne O’Connell Street e Connolly Station ed era delimitata da quelle che oggi si chiamano Talbot Street, Amiens Street, Gardiner Street e Seán McDermott Street. Sicuramente qualche dublinese è ancora in grado di canticchiarvi un’ironica canzone dell’epoca, intitolata Monto e riportata in auge dal gruppo folk The Dubliners, piena di slang e riferimenti al quartiere.
Joyce ambienta nel Monto il XV episodio dell’Ulysses, Circe, ma preferisce adottare un altro soprannome, in voga tra i giornalisti dell’epoca, “Night Town“. È qui che seguiamo le disavventure surreali di Leopold Bloom e Stephen Dedalus, in un capitolo – il più lungo dell’Ulysses e in forma di copione teatrale – dove i fatti si intrecciano e si confondono con allucinazioni e visioni subcoscienti. I due finiscono nel bordello di Bella Cohen, corrispettivo della Circe omerica che intrattiene i clienti al numero 82 di Mabbot Street e probabilmente ispirata alla stravagante Becky Cooper, una famosa tenutaria di un bordello realmente esistita.
L’entrata di Mabbot street della città notturna, di fronte a cui si dirama un binario di tram privo di selciato, attorniato da scheletri di rotaia, fuochi fatui rossi e verdi, e segnali di pericolo. File di case improbabili con le porte aperte. Rare lampade con spirali multicolori.
Ulysses, episodio XV
A differenza delle vie di Cavana, l’ex quartiere a luci rosse di Dublino non è stato significativamente riqualificato. Certo non offre più gli intrattenimenti di un tempo, ma le strade sono piuttosto insignificanti e in parte fatiscenti. Molti edifici sono stati ricostruiti cancellando le tracce del passato. Si è mantenuto giusto lo stabile al numero 7-8 Beaver Street, una ex fabbrica di pennelli riconoscibile per la scritta verniciata “James J Daly Ltd”, che è stato uno degli ultimi bordelli della zona.
Quando scrisse l’episodio Circe, Joyce stava per lasciare Trieste. I ricordi dublinesi e l’esperienza triestina confluirono amalgamandosi nelle pagine dell’opera. Così Cavana e il Monto, Trieste e Dublino, si sovrappongono in un’unica identità che ora si riaccende ogni notte sui muri della città.
Dove vedere le installazioni di Doublin’
Le luci d’artista sono cinque e chiaramente si ammirano al meglio di notte quando sono accese: “Ulysses” si trova in via San Rocco, “James Joyce” in via della Pescheria, “Night Town” e “Doublin” in via del Sale, “Montgomery Street” in via Cavazzeni, all’angolo con piazza Cavana. La mappa con le collocazioni precise dei neon e dei punti da cui guardarli si trova qui.
Oltre al progetto Doublin’, l’associazione CizeroUno promuove anche “Cavana Stories” un racconto collettivo che mira a recuperare le storie e le memorie di questo quartiere intrecciando passato, presente e futuro. Recentemente hanno aperto un canale Instagram dedicato.
Fonti:
Renzo Crivelli, James Joyce. Itinerari triestini (MGS, 2014)
Fabrizio Pasanisi, A Dublino con James Joyce (Giulio Perrone, 2019)
John McCourt, Ulisse di James Joyce (Carocci, 2021)