Ci sono due parole che vengono subito alla mente entrando nella casa danese di Karen Blixen a Rungsted: luce e fiori.
Luce, che nei mesi estivi inonda le stanze, si posa impalpabilmente su oggetti, quadri, superfici, riempiendo ogni angolo d’un sentimento vivo e arioso.
Fiori, quelli che Karen Blixen coltivava nel suo giardino e con amorevole cura disponeva nelle stanze di casa, una consuetudine mantenuta anche dopo la morte della scrittrice che ancora oggi trasmette l’idea di una abitazione vissuta, ferma in un eterno presente.
Ritratto di una scrittrice
Alla fine dell’Ottocento, in questa casa Karen Blixen visse felicemente la sua infanzia, almeno fino ai 10 anni, quando il padre, al quale era enormemente affezionata, si tolse la vita. Quasi vent’anni dopo, bussò alla sua porta un’opportunità preziosa e insolita per una giovane donna dell’alta borghesia danese: un viaggio in Africa, dove prendersi cura di una piantagione di caffè da poco avviata dal cugino, il barone Bror von Blixen-Finecke. E così, nel 1913, a 28 anni, partì per l’Africa col cugino che da poco era anche divenuto il suo infedele marito, il quale non le trasmetterà solo un titolo nobiliare, ma poco dopo anche la sifilide, causa dello stato di salute cagionevole che tormenterà la scrittrice per tutto il resto della vita.
L’avventura africana di Karen Blixen era destinata a finire dopo diciotto anni, ma non prima di aver conosciuto un grande amore, il più appassionato della sua vita: Denys Finch Hatton, uomo colto, affascinante ma anche imprevedibile; uno spirito libero, col quale ebbe una relazione non convenzionale: come sarebbe stato possibile vivere con un uomo, instancabile avventuriero, che ogni volta partiva senza sapere quando sarebbe tornato?
Fallita la piantagione di caffè (quelle zone del Kenya non si prestavano a tale coltivazione) e devastata dalla morte improvvisa di Finch Hatton (schiantatosi col suo biplano al decollo dall’aeroporto di Voi), nel 1931 Karen fu costretta a ritornare in Danimarca. Inizialmente era restia a vivere nella sua terra natale, si sentiva imprigionata in quella vecchia casa di campagna. Poi si accese la passione che illuminerà gli anni a venire. Un interesse spontaneo, che in fondo aveva sempre nutrito: raccontare storie. Proprio come faceva con Finch Hatton nell’irreale silenzio della notte africana.
La vita a Rungstedlund
Il successo arrivò con le Sette storie gotiche (1934), che la fecero diventare una delle scrittrici più apprezzate a livello internazionale, ma furono il romanzo La mia Africa e il racconto Il pranzo di Babette a segnarne l’imperitura fama, anche grazie ai film che ne sono stati tratti. Entrambi interpretati da grandi attori ed entrambi vincitori di premi Oscar (e ricordiamoci la splendida colonna sonora de La mia Africa firmata John Barry).
Dal 1934 fino alla morte nel 1962, Karen Blixen visse dunque nella tenuta di famiglia a Rungsted. Si circondava di intellettuali, spesso giovani estimatori tra cui lo scrittore Thorkild Bjørnvig; era assistita dalla governante Caroline Carlsen, che arrivò a Rungstedlund nel 1949 e vi stette fino alla morte della scrittrice. Karen Blixen aveva un carattere deciso ed eccentrico, sempre magrissima e attenta alla linea fino all’eccesso, col viso smunto e un corpo scheletrico la cui fragilità contrastava col fiero portamento aristocratico. Costantemente tormentata da problemi di salute, in parte forse psicosomatici, questi non la ostacolavano certo nei viaggi (come quello negli Stati Uniti nel 1959 dove volle conoscere Marilyn Monroe) e nelle attività quotidiane, tra cui la cura della sua tenuta, in particolare i campi di fiori coltivati con passione, circondata dal cinguettio di quegli uccelli come lei di ritorno dall’Africa, che contribuì a salvaguardare facendo istituire un’area protetta.
La tenuta di Rungstedlund, acquistata dal padre della scrittrice nel 1879, era stata in passato una locanda: qui aveva soggiornato per quasi tre anni intorno al 1774 il poeta danese Johannes Ewald, malato e indigente: la sua stanza, rinominata Ewald Room, divenne poi lo studio della scrittrice.
Karen Blixen visse nella casa di famiglia a Rungsted tutta la vita, con l’eccezione della parentesi africana, e vi morì nel 1962. Una dimora che nei gelidi inverni danesi è tuttora scaldata un po’ da quell’atmosfera africana che la scrittrice portava sempre nei suoi più dolci ricordi: i dodici anni vissuti in Kenya in una fattoria ai piedi dell’altipiano Ngong, magistralmente raccontati ne La mia Africa.
Visita alla casa museo
Entrando oggi in questi ambienti pregevolmente conservati, con mobili originali disposti così come li aveva lasciati la scrittrice, siamo invitati a metterci le pattine, per non sciupare i pavimenti e i tappeti calpestati ogni giorno da decine di visitatori: l’anticamera è tutta rivestita dai disegni della Blixen, che aveva studiato alla scuola d’arte.
Poi inizia il percorso attraverso le varie stanze, con i mobili appartenuti alla famiglia da generazioni e di epoche diverse, pareti arredate con quadri di avi e porcellane, antichi orologi e stufe: un “potpourri indoor” che delinea un gusto raffinato.
La già menzionata Ewald Room si riempie di suggestioni nel tempo e nello spazio: una raccolta di armi somale e masai donate dal fratello Thomas, alcuni ricordi del periodo africano, una pietra incisa di oltre 2000 anni trovata in giardino, lo scrittoio del padre e infine, sul davanzale della finestra, due fotografie dell’amato Denys Finch Hatton.
Nel soggiorno si scorge il baule da viaggio africano regalato alla scrittrice dal suo servitore somalo Farah Aden; nella stanza verde, la sedia preferita di Denys Finch Hatton e l’unico busto di Karen Blixen eseguito in vita, nel 1935. La sala da pranzo, con credenze zeppe di bicchieri e piatti per accogliere gli ospiti, non può che evocare Il pranzo di Babette.
Ogni spazio può essere visitato liberamente ed esige calma e attenzione per i particolari. Poi si prosegue al piano superiore dove una zona è destinata alle mostre temporanee, mentre le stanze che furono della cameriera oggi ospitano una (ahimè costosa) caffetteria.
C’è inoltre una stanza al piano terra, con le finestre rivolte al mare, dove è proiettato un documentario sulla scrittrice e sono esposti alcuni oggetti, accompagnati da pannelli informativi, e estratti delle sue lettere, dove si parla di vita africana, di famiglia e di amori. O meglio, di un amore. Quello per Denys Finch Hatton.
Infine si accede al parco. Il sentiero sterrato passa accanto agli orti coltivati, dove si riconoscono gli stessi fiori che decorano gli interni della casa; poi si addentra nella vegetazione finché, nel silenzio interrotto solo dai flebili cinguettii degli uccelli, ci si imbatte nella tomba della scrittrice. Una lapide semplice, spoglia, protetta dai rami di un grande faggio. A pochi passi da quella più elevata del poeta preromantico Johannes Ewald, uniti entrambi da una spiritualità fervida e adorante per la natura.
Indirizzo: Rungsted Strandvej 111, 30 km a nord di Copenhagen,Danimarca
Ingresso a pagamento. Chiuso lunedì da settembre a giugno e anche martedì da ottobre ad aprile.
Sito: blixen.dk
Per approfondire, è interessante leggere anche l’appassionato capitolo dedicato a Karen Blixen nel libro La scrittrice abita qui (edito da Neri Pozza, link su Amazon) di Sandra Petrignani, una raccolta di reportage di viaggi nelle case di alcune scrittrici.
Un pomeriggio di fine estate, mi sono incamminata nel bosco che circonda la casa della scrittrice finì a raggiungere la sua tomba. Il sole filtrava appena tra i rami degli alberi e il silenzio era assoluto. Mentre stavo lì a pensare, è arrivata una volpe, si è fermata e, per qualche istante, mi ha guardata dritto negli occhi, poi lentamente se n’è andata. Ho provato la sensazione assurda che fosse Karen Blixen.
Grazie per aver condiviso questa esperienza! Quel bosco è incantevole, un’atmosfera così quieta e al tempo stesso densa di stimoli. E sì, sicuramente Karen è ancora là, da qualche parte, che custodisce il suo parco… 🙂