C’è un paesino dove la vita scorre tranquilla e il tempo sembra essersi fermato. Si snoda tra vicoli ordinati e tralci di vite che si protendono dalle facciate in pietra nuda.
Arquà Petrarca è un borgo dei Colli Euganei, formazioni collinari a cono dislocate qua e là che ricordano tanti piccoli vulcani. In passato si era pensato infatti che fossero proprio crateri inattivi, ma sono invece il risultato di eruzioni sottomarine occorse 35 milioni di anni fa. Sulle loro pendici cresce una foltissima vegetazione, variegata per la morfologia dei rilievi e le alterne vicende climatiche che hanno dato origine a una florida convivenza tra specie adatte a climi caldo-aridi e altre tipiche di ambienti montani: anemoni e ginestre, bucanevi ed eriche, ginepri e narcisi, lecci e boscaglie di robinia crescono a poca distanza gli uni dagli altri nei diversi habitat dei Colli Euganei.
Il territorio è noto per la sua vocazione termale: non potrebbe essere altrimenti vista la natura vulcanica del suo terreno. Fu proprio per sottoporsi a cure termali che Petrarca arrivò a Terme Euganee nella metà del Trecento. Si stabilì poi a Padova nel 1368 accogliendo l’invito del signore della città, Francesco I da Carrara, il quale l’anno successivo gli donò un terreno una ventina di chilometri a sud, in un villaggio tranquillo, circondato da colline tappezzate di vigneti, oggi come allora: fu così che Petrarca arrivò ad Arquà nel 1369.
Francesco Petrarca ad Arquà
In questo ritiro di pace Petrarca raggiunse uno stato d’animo che gli permise di dedicarsi in tutta tranquillità alla sua poesia: in quegli anni trascrisse il Canzoniere e lavorò ai Trionfi, alle Senili e soprattutto a una delle sue opere più importanti, De Viribus Illustribus. Nel frattempo alternava l’attività di letterato con quella di agricoltore: piantava alberi e arbusti e si dedicava con passione alla cura del suo brolo, l’orticello dove non mancavano viti, piante aromatiche e pomi.
Ad Arquà Petrarca visse cinque anni. Qui trascorreva il tempo con la figlia Francesca, il genero Francescuolo, la nipotina Eletta e l’affezionata gatta che gli faceva compagnia nelle lunghe ore di studio. Finché la notte del 18 luglio 1374, alla vigilia del suo settantesimo compleanno, fu colpito da una sincope, leggenda vuole mentre leggeva Virgilio, morendo dopo poche ore.
La sua abitazione passò in seguito a vari proprietari e ben presto divenne luogo di pellegrinaggio per gli ammiratori del poeta: una testimonianza ancora tangibile è il sonetto che Vittorio Alfieri scrisse sul muro dello studiolo del poeta quando venne in visita nel 1783:
“O cameretta, che già in te chiudesti / Quel grande, alla cui fama angusto è il mondo; / Quel si gentil d’amor mastro profondo, / Per cui Laura ebbe in terra onor…”
La casa museo
Oggi la casa museo del poeta, e il paese che la custodisce, sono il fulcro del Parco letterario Francesco Petrarca e dei Colli Euganei. L’aspetto dell’edificio è in parte mutato rispetto a quello che aveva nel Trecento: la loggia sulla facciata fu aggiunta nel Cinquecento, così come gli affreschi nelle sale interne. Anche le stanze furono in parte ridistribuite, pur mantenendosi abbastanza fedeli a quelle dell’epoca del poeta.
Le varie stanze sono corredate oggi di pannelli esplicativi e vari memorabilia legati al poeta.
I più preziosi sono forse una sedia e un cassettone di legno che si presume siano a lui appartenuti, e la mummia dell’affezionata gatta: sebbene sia presentata come il vero animale imbalsamato, è in realtà la trovata di Girolamo Gabrielli, che fu proprietario della casa, il quale la fece realizzare nel Seicento.
Interessante anche il corredo pittorico: la stanza centrale, quella delle Metamorfosi, sfoggia una serie di affreschi cinquecenteschi (datati 1546-1556) che raffigurano le metamorfosi del Petrarca e Laura, mentre nella stanza adiacente, quella di Venere, si trova un famoso ritratto del poeta così come è scolpito nel nostro immaginario.
Il giro ad Arquà Petrarca non può però esaurirsi con la visita alla casa museo del poeta.
Oltre a una passeggiata per le splendide viuzze del borgo, non si deve perdere il grande monumento funebre che campeggia nella piazza di fronte alla parrocchiale di Santa Maria Assunta. La tomba, un’austera arca in marmo rosso di Verona, fu fatta costruire nel 1380 dal genero (cui appartiene una delle due iscrizioni sul monumento, l’altra è attribuita al poeta stesso), ma nei secoli fu oggetto di manomissioni e trafugamenti. Tra violazioni sacrileghe e scoperchiamenti per motivi di ricerca, furono infatti sottratte delle ossa e sostituito il cranio del poeta con quello di una donna.
La chiesa di fronte, invece, fu costruita nell’XI secolo e ampliata in seguito: nel Trecento spesso accoglieva tra le sue mura Petrarca stesso che qui si ritirava in preghiera.
Scendendo dalla chiesa invece si trova una fontana che secondo la leggenda fu costruita dal poeta (ma non fu così). Un distico in latino scolpito sulla pietra recita: “Fonti numen inest, hospes: venerare liquorem, unde bibens cecinit digna petrarcha deis”, ovvero “Un nome risiede in questa fonte, o straniero, venera questa acqua bevendo la quale il Petrarca poté cantare versi divini”.
Pellegrinaggio ad Arquà Petrarca
Come già accennato, Arquà è stata nei secoli meta di “turismo letterario” proprio per la sua connessione con il poeta. Vittorio Alfieri nel 1783 scrisse una lirica sul muro della casa di Petrarca, mentre Ugo Foscolo – frequentatore dei Colli Euganei – la fece visitare al suo Jacopo Ortis:
“Teresa, suo padre, Odoardo, la piccola Isabellina ed io siamo andati a visitare la casa del Petrarca in Arquà. Arquà è discosto, come tu sai, quattro miglia dalla mia casa; ma per più accorciare il cammino prendemmo la via dell’erta.”
D’Annunzio celebrò Arquà e i Colli Euganei in un passo del Fuoco:
“Guardate laggiù i Colli Euganei, Foscarina. Se il vento si leva, andranno vagando per l’aria come veli, ci passeranno sul capo. Non li ho mai veduti così trasparenti… Un giorno vorrei andare con voi ad Arquà. I villaggi sono rosei laggiù come le conchiglie che si trovano nella terra a miriadi. […] Poi cercheremo la fontana del Petrarca, senza domandare a nessuno la via…”
Lord Byron invece nel Pellegrinaggio del giovane Aroldo dedicò dei versi al borgo e al monumento funebre (davanti al quale è stata recentemente inaugurata una targa in suo omaggio):
“Arquà. Vi sorge un cippo / da colonne sorretto, ove le spoglie / dell’amator di Laura hanno riposo…”
Fino ai tempi più recenti, come Segni d’oro (1990) di Domenico Starnone, dove Arquà compare come scenario del romanzo e i misteriosi trafugamenti della tomba del poeta sono resi parte dell’intreccio narrativo.
Prossima tappa: Dino Buzzati a Villa dei Vescovi: reminiscenze letterarie nei Colli Euganei
Leggi anche: Parco letterario Francesco Petrarca su turismoletterario.com
Informazioni
Casa del Petrarca
Ingresso: a pagamento
Sito: padovamusei.it
Si ringrazia Claudia Baldin del Parco letterario Francesco Petrarca e dei Colli Euganei per le preziose informazioni e l’invito a visitare la casa del poeta e i Colli Euganei.