È una sera di maggio del 1896. All’Opéra, il teatro più sfarzoso di Parigi, siamo alla fine del primo atto di Hellé, un’opera di Alphonse Duvernoy ispirata alla mitologia greca, quando a un tratto riecheggia il sibilo di una fune: un contrappeso del sistema di ventilazione1 fende l’aria e nella violenta traiettoria colpisce a morte una spettatrice seduta nel quarto ordine di palchi, tale Madame Chaumette, concierge di una pensione, che quella sera era a teatro con la figlia. Tra i giornalisti accorsi a documentare l’increscioso incidente c’è un certo Gaston Leroux. Tra qualche anno esordirà come scrittore con una serie di polizieschi, ma il suo nome sarà ricordato soprattutto per un romanzo dalle tinte horror che proprio da quel teatro e da quell’incidente trarrà ispirazione: Il fantasma dell’Opera.

Il fantasma dell’Opera rientra appieno nella tradizione del feuilleton che aveva dominato tutto l’Ottocento: fu pubblicato dapprima a puntate sul quotidiano francese Le Gaulois, dal settembre 1909 a gennaio 1910, e poi in volume nel marzo dello stesso anno dall’editore Pierre Lafitte, con un buon successo di pubblico e critica2.

La vicenda disperata del Fantasma, un uomo che vive nei sotterranei dell’Opéra di Parigi nascondendosi a causa del suo volto sfigurato, in tempi più moderni ha dato vita a svariate trasposizioni, che hanno sfruttato il fascino perturbante della storia: una decina di film, qualche cartone animato, un balletto, ma soprattutto uno dei musical di maggior successo di sempre, The Phantom of the Opera, del 1986, con una partitura ipnotica di Andrew Lloyd Webber che quasi ha obliato l’opera letteraria d’origine.

Dettaglio del foyer, Opéra Garnier ©turismoletterario.com

Ma l’aspetto più intrigante del romanzo di Leroux è scoprire come è stata plasmata la materia grezza da cui è nata la storia, ossia come l’invenzione letteraria si è nutrita di dati puntuali e fatti realmente accaduti, anche se spesso alterati e iperbolizzati. Leroux d’altronde era un giornalista (incline all’esagerazione e al sensazionalismo anche nei suoi articoli3) ed è quindi naturale che abbia attinto alla sua materia quotidiana.

Per esempio, l’incidente del 1896 ha dato spunto a uno degli episodi più drammatici del romanzo: il crollo del lampadario provocato dal fantasma, adirato perché non è stato assegnato alla sua protetta Christine il ruolo di Marguerite nel Faust, come da sua disposizione (un episodio riprodotto nel musical grazie alla maestria della scenografa Maria Björnson).

Leroux basa il suo romanzo sul topos letterario della “soirée à l’opéra”, ricorrente nell’Ottocento francese, e se ne serve anche per conferire un ulteriore tocco di verosimiglianza citando alcune opere effettivamente rappresentate sui palcoscenici dell’epoca (es. Otello di Verdi, Faust di Gounod). Anche la storia della rivalità tra Carlotta e Christine ricalca quella tra i due soprano Marie Miolan Carvalho e Christine Nilsson (di origine svedese come l’omonima del romanzo) che si erano contese il ruolo di Marguerite nel Faust di Gounod portato in scena nel 1869 alla Salle Le Peletier.

Tra i tanti riferimenti più o meno manifesti, vale la pena ricordare la sepoltura di alcune registrazioni di voci liriche dell’epoca (24 dischi ben sigillati in due urne) nei sotterranei dell’Opéra, con la disposizione di aprirli un secolo dopo. Una bizzarra iniziativa voluta nel 1907 da Alfred Clark, direttore della Gramophone Company, a cui si allude nel romanzo (che, pur essendo ambientato intorno al 1881, è uscito nel 1909): Recentemente, come si ricorderà, scavando nel sottosuolo dell’Opera per seppellirvi le voci degli artisti incise con il fonografo…

Ma la maggiore rispondenza al reale si raggiunge con il teatro che fa da sfondo quasi interamente alla vicenda.

Scalone monumentale dell’Opéra Garnier ©turismoletterario.com

La costruzione dell’Opéra di Parigi

Ambizioso, sgargiante, eccessivo: l’Opéra di Parigi, che ufficialmente prende il nome del suo architetto (Opéra Garnier) è un capolavoro d’architettura che incanta per la sontuosità e offre uno spettacolo visivo senza pari. Varcata la soglia del teatro si entra in un luogo che seduce con ori e colori; è un tripudio di mosaici, stucchi, marmi, dipinti, sculture e candelabri.

L’audace architetto che lo progettò, Charles Garnier, intendeva provocare una frattura tra lo spettatore e il suo quotidiano e proiettarlo in un sogno. In questa cornice sfolgorante si svolge il romanzo (e il musical) Il fantasma dell’Opera, una storia che invece è intrisa di tinte fosche e cupe.

Gaston Leroux aveva studiato meticolosamente il progetto di Garnier e non a caso nel prologo del romanzo ringrazia il (fittizio) direttore del teatro che gli ha permesso di consultare i progetti originali dell’architetto.

L’azione del romanzo si insinua nei camerini e nei palchi, attraversa platea, corridoi e foyers, entra negli uffici e nelle nicchie dei macchinisti, nelle botole del sottoscena e sulle passerelle sopra i sipari, sul tetto e infine nelle profondità del sottosuolo. Perché una delle cose più sorprendenti dell’Opéra Garnier è che sorge davvero su una falda sotterranea – quella che nel romanzo diventa l’antro segreto del fantasma.

In quel momento dovevano trovarsi proprio in fondo al cosiddetto tino, a una grandissima profondità, se si pensa che la terra è stata scavata fino a quindici metri al di sotto delle falde acquifere che esistono in quella zona della capitale; fu necessario aspirarne tutta l’acqua espulsa dalle pompe, bisognerebbe immaginare in ampiezza la corte del Louvre e in altezza una volta e mezza le torri di Notre-Dame.

Gaston Leroux, Il fantasma dell’Opera

Leroux era ben consapevole della falda acquifera, inaspettatamente profonda, che fu scoperta sotto il teatro durante gli scavi delle fondamenta. Un problema che minacciava la stabilità dell’edificio e che portò alla costruzione una cisterna per convogliare le acque e servire da serbatoio in caso di incendio. Da qui l’idea del lago sotterraneo che ritroviamo nell’opera di Leroux.

Opéra Garnier ©Didier Laurent (Adobestock)

Dentro l’Opéra Garnier

Entrando oggi nel teatro, sono tanti luoghi del romanzo che si materializzano davanti ai nostri occhi. Il confine tra realtà e immaginazione quasi svanisce ai piedi dello scalone monumentale, sotto al celebre lampadario in sala e all’ingresso del palco n. 5 che nella finzione letteraria è riservato al fantasma, e nella realtà… pure. Sulla porta del palco c’è davvero una targhetta un po’ intimidatoria che avverte di tale assegnazione – chissà chi altri oserebbe mai occuparlo.

Palco n.5 del Fantasma dell’Opera ©turismoletterario.com

Quando concepisce il teatro, Garnier ha 34 anni e non ha grandi opere da annoverare nel suo curriculum. Però il suo ambizioso progetto viene selezionato da una pila di 170 proposte inviate in forma anonima per il concorso indetto nel 1860 da Napoleone III. E non si può dire che la selezione non sia stata meritocratica: Garnier all’epoca era un emerito sconosciuto e la sua inesperienza fece impallidire gli esperti architetti parigini. Ma questo non imbrigliò la sua ambizione.

Per portare a termine il teatro impiegò 14 anni, con un budget stratosferico che dovette via via ridimensionare. Il progetto curato nei minimi dettagli, mirava a riunire tutte le arti plastiche sotto l’egida dell’architettura. All’esterno, la facciata grondante di decori, con nicchie e busti dei vari compositori; all’interno, ogni centimetro ricoperto di quadri, medaglioni, mosaici, marmi policromi, soffitti affrescati e grandi specchi.

Il maestoso scalone monumentale è concepito apposta per destare stupore: pare di essere un palazzo incantato, con gli imponenti candelabri dalla forma di figure femminili e le salamandre di bronzo galvanoplastico che sembrano animarsi da un momento all’altro. Il foyer non è da meno: appare come un infinito salone rivestito d’oro grazie all’effetto prospettico che ne amplifica le proporzioni e ai due grandi specchi di dimensioni eccezionali; uno sfarzo amplificato dalle gigantesche tele di Paul Baudy, con soggetti ispirati alle muse e alla mitologia greca.

Il progetto tuttavia non è solo estetica ma anche innovazione tecnica: Garnier punta tutto sull’uso innovativo del metallo, ghisa e ferro in primis, come la cupola in rame che poggia su un’armatura di ferro. Era importante che il metallo venisse ben camuffato, perché all’epoca non era certo ritenuto un materiale nobile da destinare alla “grande” architettura.

Anche la platea ha il suo gioiello: il lampadario di bronzo e cristallo con 340 luci per 7 tonnellate stimate di peso. Dal 1964 è incorniciato dall’affresco di Marc Chagall che copre il precedente, quello del pittore Jules-Eugène Lenepveu. L’opera sgargiante di Chagall, una sorta di Olimpo popolato da personaggi della lirica e monumenti parigini, fu contestata all’epoca, ritenuta in rottura con lo stile di Garnier, ma l’architetto ne avrebbe sicuramente apprezzato l’audacia, ritenendola un continuum con il suo spirito e il suo impiego di una sfrontata policromia.

Soffitto di Marc Chagall ©turismoletterario.com

Info

Per visitare il teatro conviene prenotare perché spesso è molto affollato. È consigliata la visita guidata che permette di sedersi in platea e ammirare il soffitto di Chagall. Con la visita libera invece ci si può affacciare soltanto da uno dei palchi. Rare sono le visite guidate dietro le quinte.
I sotterranei con la cisterna non sono invece aperti al pubblico, ma si possono sbirciare su Google Maps.
Sito: operadeparis.fr

Fonti:

  1. Cormac Newark, “Vous qui faites l’endormie”: The Phantom and the Buried Voices of the Paris Opéra, 19th-Century Music , Summer 2009, Vol. 33, No. 1, University of California Press ↩︎
  2. Raj Shah, The Publication and Initial French Reception of Gaston Leroux’s Le Fantôme de l’Opéra, French Studies Bulletin, Volume 37, Issue 138, 2016 ↩︎
  3. Raj Shah, The Publication and Initial French Reception of Gaston Leroux’s Le Fantôme de l’Opéra, French Studies Bulletin, Volume 37, Issue 138, 2016 ↩︎
  • Palais Garnier. Opéra national di Parigi, Éditions du patrimoine – Centre des monuments nationaux, 2001
  • Vieri Razzini, Introduzione, in Gaston Leroux, Il fantasma dell’Opera, Newton Compton, 2004.