Indirizzo: Piazza San Marco, Venezia
Il Caffè Florian è il più antico caffè italiano e ha una storia secolare: viene inaugurato il 29 dicembre 1720 da Floriano Francesconi con il nome di “Alla Venezia Trionfante”, ma fu ribattezzato “Florian” per il nome del proprietario pronunciato in dialetto veneziano.
Nell’Ottocento è stato restaurato dall’architetto Cadorini e ha vissuto molti momenti importanti della storia d’Italia, tra cui i moti del 1848 guidati da Niccolò Tommaseo e Daniele Manin, dove vennero curati i feriti. Inoltre, alla fine dell’Ottocento vi si incontrò Riccardo Selvatico con i suoi amici per organizzare una mostra d’arte che divenne la Biennale di Venezia.
Ha da sempre vantato una clientela famosa: dal commediografo Carlo Goldoni a Giacomo Casanova, da Giuseppe Parini a Silvio Pellico, da Gasparo Gozzi a Ugo Foscolo. E poi Charles Dickens, Wolfgang Goethe, Marcel Proust, Madame de Staël, Jean Jacques Rousseau, Lord Byron, Henry James, Gabriele D’Annunzio. La lista degli uomini illustri che si sono seduti al caffè Florian pare interminabile.
All’inizio del ‘900 venne allestita un’orchestra permanente per allietare le serate veneziane. Questa tradizione è tuttora mantenuta.
Henry James ne parla così:
[…] le ore della sera le passavo sull’acqua – il chiaro di luna a Venezia è famoso – o nella splendida piazza che serve da corte esterna alla strana vecchia basilica di San Marco. Mi sedevo al caffè Florian a mangiare gelati, ascoltare la musica, a chiacchierare con i conoscenti; il viaggiatore ricorderà come l’immenso grappolo di tavolini e seggiole si estenda simile a un promontorio sul levigato lago della Piazza. In una sera d’estate, sotto le stelle, con tutto l’insieme di lampade, voci, passi leggeri sul marmo – gli unici suoni provenienti dalle immense arcate circostanti – la piazza è come un salotto all’aria aperta consacrato a bevande rinfrescanti, o alla degustazione ancora più raffinata delle squisite impressioni riportate durante la giornata. (da Il Carteggio Aspern, trad. di Nadia Fusini, Gruppo Editoriale L’Espresso, 2011)