1. Come nasce l’idea di questo libro?
Non è mai facile cogliere il momento in cui stabilisci che una storia o un personaggio ti affascina o incuriosisce talmente tanto da voler andare avanti fino alla realizzazione di un libro, o di un altro progetto. In questo caso tutto è partito dalla chiusura di Casa Leopoldo, antica trattoria del quartiere Raval che per un certo periodo Manolo aveva trasformato in una sorta di ufficio personale. Per ricordare le storie di quella vecchia Barcellona novecentesca, oggi in parte scomparsa, avevo scritto un lungo articolo per Il Manifesto. Poco dopo la pubblicazione mi ha contattato Mariacarmela Leto, la direttrice editoriale della Giulio Perrone Editore, proponendomi di trasformare quell’articolo in un libro della sua collana “Passaggi di dogana”, dedicata alle città degli scrittori. Considerata la mia passione per Barcellona e per lo scrittore catalano, mi è stato impossibile dire di no.
2. Nel primo capitolo fa riferimento alla piazza intitolata a Manuel Vázquez Montalbán e al fatto che, probabilmente, questa impersonale distesa di cemento intesa a omaggiarlo non gli sarebbe piaciuta affatto. C’è quindi secondo lei un luogo che oggi, più di ogni altro, potrebbe essere rappresentativo per ricordarlo?
Forse la fontana di Santa Eulalia (patrona di Barcellona) nella Plaza del Pedró, a Raval, accanto a dove Manolo era nato e cresciuto. Uno dei pochi simboli rimasti del vecchio tessuto urbano. Era stato lo stesso Montalbán a esortare tutti i passanti a porre una reale o immaginaria rosa gialla sul bordo della fontana, omaggio a tutti i morti che non hanno avuto né cronisti né agiografi. Come ha scritto Gianni Mura nella prefazione del libro, “se la mettete, reale, che sia anche per lui”.
3. Quanto ripercorrere i passi di Pepe Carvalho a Barcellona significa ripercorrere quelli del suo autore? Ovvero, quanto i due sguardi coincidono e quanto c’è di Vázquez Montalbán nell’investigatore?
Eccetto forse il calcio, Pepe Carvalho era agnostico in fatto di sport, sono ovviamente molti i punti di contatto: la passione per il cibo, la galera, un certo atteggiamento disincantato. E poi naturalmente i luoghi, dalla fin troppo osannata Boqueria al quartiere di Vallvidrera, la montagna incantata che domina Barcellona, dove entrambi vivevano. D’altronde all’epoca le storie dell’investigatore servivano a raccontare, sotto la forma della commedia umana, il periodo della transizione dalla dittatura alla democrazia. Però attenzione, Montalbán è stato molto di più che il creatore di un pur straordinario personaggio. È stato uno studioso marxista, uno dei primi in Spagna a studiare l’influenza dei grandi poteri nella diffusione delle informazioni, un raffinato e ironico giornalista. Sarebbe quindi riduttivo appiattirlo troppo sul personaggio di Carvalho, come in alcuni casi è stato fatto.
4. Il nostro lettore è alla sua prima visita a Barcellona e non ha mai letto niente di Manuel Vázquez Montalbán. Quale dei suoi libri suggerirebbe come prima lettura per iniziare a conoscere meglio la città?
Vista la sua sterminata opera individuarne uno è impresa proibitiva. Proviamo almeno con due. Per quanto riguarda Carvalho azzarderei con I mari del Sud, ambientato nella frenetica Barcellona pre-elettorale del 1979. È probabilmente il più carvalhano di tutta la serie. E poi aggiungerei Il Pianista, straordinario romanzo che fa parte di una immaginaria trilogia della memoria e che racconta Barcellona dal punto di vista degli sconfitti della Guerra Civile. Tra l’altro è il libro grazie al quale Andrea Camilleri si innamorerà di Montalbán.
5. “Turismo letterario” vuol dire ripercorrere i passi degli scrittori nei luoghi in cui sono ambientate le loro opere. A parte Barcellona con Manuel Vázquez Montalbán, le è capitato di vestire i panni del “turista letterario” in un’altra destinazione, seguendo le tracce di un altro scrittore? C’è invece un “luogo letterario” che ancora non ha visitato ma le piacerebbe farlo?
Confesso che non mi convince del tutto l’etichetta di ‘turismo letterario’. Due anni fa sono partito per il Sud degli Stati Uniti con alcune idee e sono tornato con la convinzione che volevo scrivere qualcosa sulla musica blues. Ritengo che l’importante sia partire, possibilmente con molta curiosità e senza preconcetti.